24 gennaio 2020

Se questo è un uomo di Primo Levi

Se questo è un uomo racconta i quasi due anni trascorsi da Primo Levi nel campo di concentramento di Monowitz, vicino ad Auschwitz.
Levi si era dato alla montagna in seguito alle leggi razziali emanate in Italia ma, una volta catturato, era stato caricato sui convogli diretti in Polonia, assieme ad altre 650 persone, la maggior parte delle quali non rivide mai più.

Il suo racconto è lucido e drammatico e riesce a far commuovere e a suscitare orrore benché conosciamo, attraverso film e altri racconti, ciò che accadeva in quei campi che definirli di lavoro sarebbe un eufemismo.

Se questo è un uomo di Primo Levi


Se questo è un uomo: recensione


Levi era rinchiuso a Buna Werke dove si doveva produrre gomma sintetica ma, in realtà, era solo un luogo di morte.

Nel libro testimonia ogni aspetto della vita quotidiana nel campo in un racconto realistico e terribile ma noi, abituati alle comodità, non potremo mai immaginare come si debba sentire una persona a patire la fame ora dopo ora, a patire il freddo, vestendo solo di pochi miseri abiti, a sopportare lavori estenuanti, a temere in ogni momento le malattie e la morte.
Forse la paura della morte per i prigionieri è la minor cosa perché poteva essere vista come la fine della sofferenza, il sapere di avere un reticolato elettrico nel quale trovare la morte in caso di disperazione era per loro un conforto.

Nei vari capitoli di Se questo è un uomo racconta l'arrivo al campo, la gerarchia instaurata in esso, il lavoro, la vita quotidiana, il rapporto con gli altri internati, la sua entrata come chimico nel laboratorio del campo, l'ultimo inverno e, finalmente, la liberazione.

Quello che più mi ha colpito è l'assurda gerarchia e le regole imposte fino all'ultimo dai tedeschi, ormai consapevoli che il loro regime stava cadendo.
Che senso poteva avere far lavare con acqua gelida i prigionieri se poi dovevano indossare abiti sporchi e lavorare sporcandosi subito dopo?

Una cosa che mi ha stupito è, invece, la lotta tra disperati e la mancanza di solidarietà che portava i più forti a sottomettere i deboli, a derubarli dei loro pochi averi, compresi la scodella per mangiare, a fare baratti per riuscire a ottenere qualche vantaggio e sopravvivere a discapito di altri.

Quelli che avevano il numero più basso erano i più esperti e si prendevano giochi dei nuovi arrivati che imparavano le regole non scritte o erano destinati a soccombere in fretta. D'altronde vedendo i numeri, ormai vicino ai 200 mila, e considerando che solo qualche migliaia viveva nelle baracche a tutti è palese che fine abbiano fatto.
la ciminiera a volte emetteva fumo per giorni interi
Levi è l'häftling 174517 ormai non ha più un nome.
Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero.
Per fortuna l'incontro con Lorenzo gli fa ricordare che esistono persone buone e pure e di essere ancora un uomo, diverso dagli altri ormai ridotti alla pura barbarie.
Citando alcuni versi del canto di Ulisse nella Divina Commedia paragona la vita in quel luogo all'inferno e, spiegando il senso a un altro compagno di sventura, s'intuisce come l'autore pensi che lì siano diventati bruti e come, invece, l’uomo sia destinato a perseguire la virtù ed elevarsi dalla bestialità.

Ormai nel campo tutti avevano toccato il fondo:
Le SS malvagie e stolide, i Kapos, i politici, i criminali, i prominenti grandi e piccoli fino agli Haftlinge indifferenziati e schiavi, tutti i gradini della insana gerarchia voluta dai tedeschi sono paradossalmente accomunati in una unitaria desolazione interna.
Nel campo non erano solo le SS a comandare a stretto contatto con i prigionieri c’erano i Kapos, uno per squadra, e i prominenti ebrei che, avendo ottenuti dei privilegi e la possibilità di sopravvivere, almeno al momento, tradivano i compagni diventando spietati sapendo che, se non lo fossero stati, sarebbero tornati a essere semplici schiavi.

Se questo è un uomo è un libro che tutti dovrebbero leggere per conoscere la diretta testimonianza di un uomo che ha vissuto in un campo di concentramento e che non cela niente della non vita in quel luogo.

Altri autori hanno narrato questa triste pagina di storia ma questo supera tutti per realismo perché chi meglio di una persona che ha vissuto questa tragedia può raccontarla?

Sempre legati a questa tematica mi vengono in mente il libro Il bambino col pigiama a righe e Il profumo delle foglie di limone.

Titolo: Se questo è un uomo
Autore: Primo Levi
Anno: 1947
Editore: Einaudi
Pagine: 496

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