23 novembre 2018

La crescita interiore di Siddharta di Hermann Hesse

Siddharta di Hermann Hesse mescola misticismo, religiosità e la ricerca della felicità attraverso la crescita interiore del protagonista, figlio di un Brahmino.

Questo è stato il primo libro che ho letto dello scrittore, poeta e pittore tedesco naturalizzato svizzero.
Me lo aveva fatto conoscere un amico appassionato di libri e di yoga col quale spesso scambiavo opinioni sulle opere lette.

A distanza di anni, devo dire che questo libro mi ha fatto riflettere sulla vita e il suo significato, perciò non posso che consigliarlo.

La crescita interiore di Siddharta di Hermann Hesse


Siddharta: la trama

Siddharta fin da ragazzino prende parte alle conversazioni dei saggi e si esercita nell'arte dell'oratoria, tutti presumono che debba diventare un grande Brahmino come il padre.
Ma Siddharta si interroga sul fatto che i sacrifici e le preghiere agli dei siano tutto quello al quale pensare e se i sacrifici diano la felicità, non trovando risposte vuole diventare un Samana, un asceta che vive nella foresta.
Nel suo viaggio spirituale è accompagnato dall'amico d'infanzia Govinda, che lo venera e gli sarà sempre fedele.
Dai Samana impara a digiunare e a praticare la concentrazione per scoprire il proprio Io e impadronirsene, sente che la vita è tormento e vuole diventare vuoto, trovare la pace svuotandosi. Durante la meditazione uccide i propri sensi, uccide la memoria, sguscia via in altre forme di vita, ma poi ritorna nel proprio Io.
Prova molte vie per uscire dal proprio Io, ma tutte lo riportano al punto di partenza e la sua sete di sapere non si esaurisce.
Mentre i due amici si trovano nel bosco coi Samana si sparge la notizia che Gotama, il Sublime, il Buddha, il Perfetto, avesse fermato il ciclo delle reincarnazioni e avesse raggiunto il Nirvana.
Govinda diventa seguace di Gotama, ma Siddharta è convinto che non si possa imparare nulla, che il sapere sia l'Atman, l'anima dell'individuo che è destinata a congiungersi con quella dell'universo.
Siddharta ha scarsa fede nelle parole dei maestri, non pensa che si possa imparare qualcosa di nuovo, è convinto che nessun Brahmino o Samana trovi la strada per il Nirvana perché nessuno perverrà mai alla liberazione attraverso una dottrina. 

Ognuno deve raggiungere la meta da solo, deve scoprire l'Io, conoscere se stesso e poi morire.
Così Siddharta lascia i Samana e comincia una nuova vita in città, cerca lavoro presso un commerciante, ma ha poco da offrire. Sa solo digiunare, pensare e aspettare, ma riesce a convincerlo ad assumerlo e diventa bravissimo nel commercio.
Coi soldi guadagnati si paga i favori della bellissima Kamala, una cortigiana che gli insegna l'arte di amare, il culto del piacere e si rende conto di non sapere amare veramente.

Pur vivendo in mezzo agli uomini si sente sempre separato da loro, uno spettatore, li invidia per l'unica cosa che lui non ha: per l'importanza che attribuiscono alla vita e per la passionalità delle loro gioie e dolori.
Intanto passano gli anni e diventa sempre più ricco, mangia troppo, inizia a bere alcolici, ha una passione sfrenata per il gioco perché disprezza la ricchezza.
Un giorno si sveglia con una nuova sete di conoscenza e si libera di tutti i suoi averi e vorrebbe cercare la pace nella distruzione, nella morte, ma mentre si immerge nel fiume sente l'Om, che equivale alla perfezione, e guarda il mondo diversamente, sente la conoscenza dell'unità del mondo dentro di lui, ora inizia ad amare il mondo.
Prova una grande serenità del sapere sentendo l'Om, la voce dell'universo.

Si avvera la sua convinzione che bisogna sperimentare di persona tutto quello che si desidera sapere,  nessun maestro lo avrebbe potuto liberare, solo scendendo nel mondo per perdersi nei piaceri, nel potere, nelle donne, fino alla disperazione ha potuto ridestarsi di nuovo.
La saggezza tanto predicata dai Maestri non si può comunicare, si può trovarla, viverla.

Ha avuto bisogno del peccato, della voluttà, dell'ambizione, della vanità per imparare la rinuncia a resistere, ad amare il mondo, a smettere di desiderarlo perfetto, ma di amarlo così com'è e di appartenergli con gioia.

Il fiume diviene una metafora della vita, scorre senza inizio né fine, la realtà è nel presente, tutto si ripete, si soffrono gli stessi dolori, l'acqua ha mille voci, l'acqua è più forte della pietra, l'amore più forte della violenza.

La meditazione profonda consente di abolire il tempo di vedere contemporaneamente quello che è stato, quello che è e quello che sarà, venendo alla conclusione che nulla è bene e nulla è male, ma tutto faccia parte del mondo, senza una cosa non ci sarebbe l'altra.

Bellissima la metafora del cercare e del trovare, capita, quando gli uomini cercano, che il loro occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cercano e che non riescano a trovar nulla.
Perché il cercare e trovare sono differenti: cercare significa avere uno scopo, trovare significa essere libero, restare aperto e non aver scopo, essere aperto a qualsiasi cosa si presenti.

Siddharta: la recensione

Ho scritto gran parte della trama perché descrivere il romanzo è impossibile senza raccontare l'intero viaggio interiore compiuto da Siddharta attraverso varie esperienze completamente differenti.
Da bambino è cresciuto tra i Brahmini, poi tra i Samana, nelle rinunce, nei digiuni, nella meditazione, poi ha vissuto molti anni nella ricchezza, diventando rammollito come i ricchi, poi ha trovato finalmente il suo Io, ascoltando l'Om che emerge dal fiume.

Nel libro troviamo vari riferimenti a forme differenti di religiosità, tutte protese al raggiungimento della perfezione, per vincere la samsara, il ciclo delle reincarnazioni e giungere al Nirvana.
Ma alla fine ascoltando la voce del fiume, trovando gli dei nelle cose si ha una sorta di panteismo, espresso da molte filosofie antiche.

Il romanzo è un viaggio sofferto e difficile alla ricerca del proprio Io attraverso una religiosità personale, che condivido pienamente.

Pure io penso che nessuna dottrina religiosa possa portare gli uomini alla liberazione, ma che si debba sperimentare tutto, o quasi!
Così come si deve fare molteplici esperienze, infatti, quante volte ci viene detto che una cosa non si deve fare, ma solo provandola possiamo capire le motivazioni di chi ce la sconsigliava. Certo sarebbe meglio trovare la nostra strada nella vita da giovani, ma fare varie esperienze ci aiuta a crescere, conoscere molte persone ci fa confrontare con gli altri, ci fa conoscere mentalità differenti e ci fa arricchire.
Una cosa che mi ha lasciata un po' perplessa è il desiderio di Siddharta di imparare l'arte dell'amore da una cortigiana, poco prima aveva incontrato una donna che gli aveva fatto capire di essere disponibile, perché non l'ha voluta? Forse che una cortigiana sia meglio?

Non posso che consigliare la lettura di questo romanzo, seppure alcune pagine iniziali abbiano bisogno di essere lette con cura e di essere comprese bene perché non è semplice capire subito i pensieri espressi.

Titolo: Siddharta
Autore: Hermann Hesse
Anno: 1922
Editore: Adelphi
Pagine: 75

1 commento:

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